La casa di lusso più bella d’Italia
idealista/news ha intervistato Filippo Caprioglio, architetto mestrino, che ha realizzato la villa di Mogliano Veneto, provincia di Treviso, premiata a New York con il Lifestyle Luxury Award come la casa di lusso unifamiliare più bella d’Italia
Che l’abitazione più bella d’Italia del 2021 si trovi in Veneto, e precisamente a Mogliano, in provincia di Treviso, probabilmente oramai lo sanno anche i muri. Quella che vedete nelle foto, e realizzata dall’architetto Filippo Caprioglio, è stata infatti premiata a New York con il Lifestyle Luxury Award come la casa di lusso unifamiliare più bella d’Italia. Caprioglio, classe 1971, è mestrino (e “orgoglioso di esserlo”) e lavora a Marghera (Venezia), nell’omonimo studio di architettura – Caprioglio Architects – condiviso con il papà Giovanni, tra i protagonisti della ricostruzione post terremoto del Friuli-Venezia Giulia, mancato improvvisamente da poche settimane all’età di 78 anni.
Architetto, lei è dunque figlio d’arte.
“Possiamo dire così. Anche se nel tempo mio padre ed io abbiamo preso strade diverse: io quella più residenziale, domestica, lui continuando a occuparsi per tutta la vita di grandi opere pubbliche. Abbiamo realizzato diversi progetti insieme, in passato; e sono felice di aver condiviso con lui anche l’ultimo: di recente abbiamo infatti riqualificato la sala consiliare del municipio di Rivignano (Udine), da lui stesso progettato”.
Un fulmine a ciel sereno, questo, che arriva in un momento però molto gratificante, per lei, dal punto di vista professionale: oltre al Lifestyle Luxury Award un altro suo progetto – quello di una villa realizzata a Cittadella (Padova) – è stato infatti insignito del BIG SEE Design Award 2021 che premia le migliori architetture del sud est Europa.
“Sì, al netto della tragedia è un periodo d’oro. Le dirò di più: se avessi dovuto premiare la “mia” casa più bella, avrei scelto proprio la P+E+3, costruita a ridosso della cinta muraria di Cittadella. Perché si relaziona in maniera più diretta, e matura, al contesto. Ci sono voluti sei mesi di ricerche e test in fornace per trovare le giuste dimensioni dei mattoni e una colorazione che si adattasse a quella delle antiche mura”.
L’ha chiamata davvero P+E+3? Cosa significa?
“Sì, chiamo tutte le abitazioni che realizzo con le iniziali dei committenti, cui aggiungo il numero dei figli: quella di Mogliano Veneto è la F+T+3”.
Un’altra “medaglia” in quest’anno magico è la sua nomination al Premio Architetto dell’anno.
“Non ho vinto ma, senza sminuire gli altri premi, devo ammettere che la nomination mi ha gratificato molto. Perché il premio è indetto dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli architetti, quindi in un certo senso sono i tuoi stessi colleghi a riconoscere il tuo merito, e perché in finale arrivano pochissimi lavori”.
Per quale è stato nominato?
“Lo spazio Berlendis, il progetto di recupero e trasformazione dell’ex falegnameria dello squero Fossi, il più antico di Venezia. Una vera chicca, perché sviluppa una porta d’acqua in chiave contemporanea”.
Veniamo ora alla F+T+3, la casa che le è valsa il Lifestyle Luxury Award. Quando nasce la progettazione e come si sviluppa?
“Il progetto ha iniziato a prendere luce nel 2018 quando la coppia di committenti, che all’epoca aveva solo due figli, si è rivolta al nostro studio dopo averne contattati altri con l’intento di trovare qualcosa di diverso. Volevano la “casa definitiva”, e da lì è nato un percorso condiviso che dal sedime di un’abitazione esistente e di loro proprietà, che è stata demolita, ha portato alla realizzazione di questa villa a due piani di oltre 250 metri quadri, con un giardino di più di 500 mq e piscina a sfioro 12 metri per 5”.
Una curiosità: quanto è costata?
“Posso solo dire che la buona architettura non costa milioni, si fa anche con budget inferiori. Quel che è certo è che non cerco mai di fare cose “alla moda”, ma di creare emozioni. Ogni progetto è unico e diverso, perché uniche e diverse sono le persone e i loro desideri, oltre che il sito e le condizioni”.
Quello che si nota subito sono le linee essenziali e la continuità tra l’interno e l’esterno.
“Esatto. La continuità, come la ricerca dei materiali, è per me un valore importante. Amo dire che in questa architettura non ci sono soglie ma pendenze. Inoltre la pavimentazione, di un particolare grigio tenue, crea un continuum tra il dentro e il fuori; persino tutte le fughe si inseguono senza interruzioni: i posatori sono letteralmente andati fuori di testa! Solo al piano di sopra i pavimenti cambiano, e abbiamo scelto l’olmo”.
Altra cosa che colpisce è la luce, cui contribuiscono senza dubbio le ampie vetrate e l’open space interno.
“Ho giocato sull’idea di sorpresa spaziale: si passa da un’altezza minima di 2,70 metri ai quasi 6 dell’open space. Da cui cala l’enorme lampadario, che trae ispirazione dalla IXI lamp che realizzai per Leucos e che nel 2017 mi valse il Good Design Award, una sorta di Compasso d’oro statunitense: una scultura luminosa modulabile a seconda degli spazi e delle necessità. Questa è fatta di 180 pezzi mentre quella più famosa, che si trova al cinema Candiani di Mestre, è composta da circa un migliaio”.
Dulcis in fundo, arriviamo quindi a un’altra sua passione: il design industriale.
“Certo, mi piace cimentarmi anche in questo: oltre alla IXI lamp, tra le altre cose ho realizzato bicchieri e piatti per lo chef stellato Enrico Bartolini. L’ultima mia creazione è un orologio gmt a quattro lancette, CRipto, che mi ha appassionato perché disegnare un orologio è una delle cose più difficili che mi siano mai capitate”.
E torniamo alla sua passione per la ricerca. Ma lei riposa mai?
(Sorride) Mi piace sostenere che, di questi tempi, il vero lusso è avere tempo. Per questo, anche nelle mie opere, provo a creare spazi in cui ci si possa prendere il proprio tempo, ricercarlo e condividerlo”.